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sabato 24 gennaio 2009

Scusi, per Damasco?

è qualche giorno che la tiro in lungo con questa storia della attesa e sperata folgorazione sulla via di Damasco e oggi scopro che proprio domani ricorre la folgorazione barra conversione di San Paolo. Che bel caso, mi sono detta. E siccome ho tante cose che mi frullano per la testa e che non riesco a raccontare facilmente ho pensato, per una volta ancora, di appropriarmi di questo spazio che è stato di tutti. 

Prima delle cose serie Damasco però mi fa venire in mente questo...
estate 1999. Sami, siriano nato e cresciuto a Roma ma residente a Miami, è atteso a un raduno di chatters italioti che bivaccano in un vecchio rifugio partigiano nell'appenino tosco emiliano. Già ubriachi e ancora affamati ciarlano e bofonchiano qualsiasi cosa.
"come diciiii?" "ma Sami arriva dalla Siria, che si sa? viene qui da noi?" "eeeeh? vuoi salame?" "ma nooo! Sami! dov'è Sami?" "ah, Salame piccante?" "sì, Sami. Dov'è Sami?" "Dov'è Sami piccante? a Tabasco" e giù tuti a ridere

Ok, è una minchiata ma anche se non ricorderò mai l'esatta sequenza, questo improbabile dialogo m'è rimasto in testa e mi diverte perché fa un po' a pugni con questa faccenda semiseria delle folgorazioni. Ma non divago ulterioriormente. 
Ahivoi, purtroppo vi è noto: mi avete incontrata in un momento in cui la vita m'era sfuggita di mano e ce ne sono stati di peggiori dopo quello e sono certa che ne vedrò ancora di peggio.
Mentre vi scrivo siedo col mio gatto in affidamento congiunto, sul divano che megli ultimi due anni è stato sede delle peggiori folgorazioni. Ma il punto non è questo.
E' vero, solo due anni fa qui ero pronta a metter su famiglia; un anno fa ero pronta a raccogliere la sfida di affrontare il mondo da sola e mettere a tacere la paura di non farcela, di non essere in grado di avere un lavoro migliore, di dare una svolta alle mie finanze e aria nuova dopo la mummificazione casalinga a cui mi ero involontariamente sottoposta. 
Dopo un anno ancora, eccomi, nella casa che non è casa, con Pablo che è il gatto più gatto del mondo ma non più il mio amore di gatto. Ecco, arrivo al punto in cui mi cito:
Sono molto contenta per il nostro viaggio NSD e niente affatto triste, perché quella settimana mi ha fatto passare la voglia di immiserirmi correndo dietro cose che non mi interessano più, che non hanno colore ma solo la forma di compromessi casuali. Non so quanto potrà durare l'onda lunga di una manciata di giorni benevoli ma siccome siamo a inizio d'anno ed è tempo di buoni propositi, io ci provo e penso in grande! A rileggerci tra 365 giorni per la prova del nove ;-)
Dopo un anno la paura di non farcela da sola, la paura di non riuscire a darmi un futuro è archiviata; non corro più dietro a quelle cose che mi facevano sentire misera ma ne ho trovate di nuove, simili, e tutta l'infelicità che conosco là è rimasta.  Non serve a niente, nel mio caso, scoprire che nuovi compromessi casuali possono migliorare alcune cose giacché tanto sanno  peggiorarne altre. C'è una cosa che ho capito quest'anno, in occasione della nuova folgorazione sul divano che fu mio, accanto al gatto che fu mio, tra le mura che furono casa. La vedete questa faccia? 


Io non la vedo spesso eppure è quella che si specchia ogni mattina nel bagno dell'alloggio dove adesso vivo una specie di vita che non è niente perché non è gioia, non ha colore e mi lascia sempre addosso quel senso di cupa disperazione. Lo sguardo aperto, soddisfatto e felice non l'ho fotografato per caso. Non lo vedo spesso di questi tempi e sono stanca di affogare in sogni tremendi, sono stanca delle nuove paure, sono stanca dell'infelicità che non si cura (per quanto il mio collega, ormai quasi amico, si dia da fare a spiegarmi quanto l'infelicità sia normale visto che della felicità nessuno pare saper nulla o sappia rispondere, a domanda specifica e diretta).

Dunque ecco perché scrivo. Scrivo per essere tacciata di vigliaccheria tra un altro anno, quando il mi progetto sarà eventualmente fallito o dimenticato per convenienza. 
Me ne vado. Un'altra volta sì. 
Ho contato un anno per seguire un progetto di lavoro che mi faccia da salvagente e un periodo adeguato a prendermi il tempo necessario dal lavoro stesso, senza finire per strada, oltre che la pecunia utile a non cacciarmi nei guai (e tu leggi, lo so, e non farmi scherzi...). E' il tempo che, spero, servirà a fugare e mettere via una nuova paura, più terribile e dura delle altre.
Un anno e poi il progetto prevede che io passi un tempo determinato fuori, presso una onlus che segue progetti ambientali coadiuvata da volontari (e finanziatori) subacquei. Sempre che nulla di brutto frattanto accada. Ecco quella paura nuova. E se funziona, se funziona...
Lo dico e lo scrivo perché so che corro il rischio di non farlo e proprio come per il coniglio che mi sono tatuata, e che talvolta trovo orrendo, voglio l'imbarazzo di qualcosa di scritto, che io possa vedere per ricordare quello che ho avuto il coraggio di desiderare. 

So che potrei continuare così, e farcela, e andare avanti tra i mille diversivi e riempitempo che riesco a trovarmi ma la notte succederà sempre quello succede adesso ogni notte. Sono notti peggiori queste, peggiori di quelle dell'abbandono, peggiori di quelle insonni in cui non sapevo se ce l'avrei fatta, brutte come quella della perdita che è ormai più che perduta. E' peggio perché so che a nulla è servito svangare quest'anno così brutto.  

Ora che mi sono sputtanata è andata. Tra 365 giorni, se mai saremo qui, vedremo. 
Bon, grazie per la testimonianza. Non dite nulla, siate pure testimoni silenziosi di questa dichiarazione. 


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